Siamo biologicamente tutti diversi, uomini, donne, età della vita, popoli, culture e tradizioni, ed è proprio per garantire e tutelare le diversità che dobbiamo essere uguali: eguaglianza di trattamento, di considerazione e soprattutto di diritti.
Nel corso della storia dell’uomo si sono succedute varie e numerose culture con le corrispettive strutture sociali. Senza entrare in lunghe e controverse interpretazioni storico-antropologiche desidero solo sottolineare che la maggior parte di tali culture, comprese le loro tradizioni e le loro espressioni spirituali come miti e religioni, hanno centralizzato sulla figura dell’uomo “maschio” con i suoi correlati di potenza, forza, coraggio, eroicità, dominio e possesso, la struttura sociale corrispondente, permeandone tutti gli aspetti da quelli etico-filosofici, a quelli politici compresi quelli giuridici (è dell’altro ieri la giurisdizione del “delitto d’onore”). Tuttavia la struttura sociale patriarcale, tipica delle popolazioni di allevatori-agricoltori ancora presenti in molte parti del mondo, è stata in buona parte soppiantata, nei paesi cosiddetti “sviluppati” del mondo occidentale, da modelli sociali e culturali, industriali e postindustriali, che hanno via via determinato, grazie alla tecnologia, la perdita proprio di quelle caratteristiche che connotavano il mito del “maschio”: forza fisica, dominanza sul gruppo familiare, possesso legalmente sancito di beni e persone, maggiori diritti rispetto al sesso femminile. E’ in quest’ottica di profonda trasformazione culturale, acuita dall’attuale crisi economica, che dobbiamo inquadrare la cosiddetta “crisi dell’uomo maschio”, dei suoi valori sessisti e maschilisti, del suo ruolo sociale, dei suoi diritti storicamente giustificati e consolidati, della sua pretesa superiorità fisica ed intellettuale, dei suoi modelli educativi e sociali e, soprattutto, della sua stessa natura più profonda le cui istanze pulsionali e motivazionali, espresse sovente nella realizzazione di una struttura di personalità che deve necessariamente dominare e possedere secondo i canoni culturali vigenti, hanno subito e continuano a subire frustrazioni che possono diventare intollerabili. Tutto questo, spesso precipitato da sollecitazioni e condizionamenti culturali che ripescano gli antichi miti di dominanza e superiorità maschile, inserito in una società sempre più multiculturale e multietnica, densa ed incerta, frequentemente conflittuale, sta determinando nel maschio una perdita di ruolo, di orientamento e di identità che, al di là di ogni giustificazione, lo predispone ad un maggior livello di aggressività che può tradursi in una non accettazione delle aspettative e del confronto con l’altro sesso fino ad atti di violenza estrema che nulla hanno di patologico se non il fatto di essere sintomi di una società in difficoltà ripescano gli antichi miti di dominanza e superiorità maschile, inserito in una società sempre più multiculturale e multietnica, densa ed incerta, frequentemente conflittuale, sta determinando nel maschio una perdita di ruolo, di orientamento e di identità che, al di là di ogni giustificazione, lo predispone ad un maggior livello di aggressività che può tradursi in una non accettazione delle aspettative e del confronto con l’altro sesso fino ad atti di violenza estrema che nulla hanno di patologico se non il fatto di essere sintomi di una società in difficoltà.