E poi non ricorda. E piange. Quando lo schiaffo della vita, della privazione della libertà, della giustizia, lo colpisce in piena faccia.
Quando c’è chi invece gli ricorda – sanzionandoli – i gesti, le brutalità, la sopraffazione e prospetta una vita ben diversa da quella del compagno o marito nella casa di famiglia.
Quando finalmente capisce che Lei non lo vuole più.
Lui e’ l’uomo che una donna ha avuto il coraggio di denunciare, con la determinazione di andare fino in fondo, mettendoci la faccia e sfidando l’opinione comune.
Lei è’ una donna, ma sono tante donne che, con noi o con amiche Altre, hanno saputo decidere ed hanno voluto porre fine alla violenza, alla sopraffazione, all’umiliazione.
E loro piangono, chiedono perdono, sanno che hanno sbagliato e cosa ricordano? Tutto quello che di buono hanno fatto PRIMA, prima di essere i mostri che oggi sono diventati.
E cercano scuse!
La gelosia, il nervosismo, l’alcol, la stanchezza e la costruzione di un alibi, che possa essere uno sfondo su cui muoversi ed agire con violenza.
Violenza che spesso investe anche i figli, le cose, la casa.
Ma ciò che più addolora sono le bugie! Le bugie di chi vuole, comunque, salvare la propria faccia ed il proprio ruolo, di chi non voleva fare male, di chi forse qualche volta ha alzato la voce e le mani ma no, non voleva fare male o, peggio, racconta che la propria compagna è caduta, che i mobili sono stati rovesciati a terra per nervosismo, che i figli hanno telefonato per chiedere aiuto…perché sono matti!
E’ uno scenario che incontriamo spesso, fino a quando non si aprono le porte della galera o non si interviene in altro modo, che possa mettere tempo e spazio tra lui e lei.
Da lì in poi piangono, chiedono scusa, non ricordano…promettono di non farlo più.
Marinella Giuni
(Psicologa, Associazione C.H.I.A.R.A)